Questo è il mio corpo

Articolo pubblicato sul libretto della Festa di San Sebastiano scritto dal Parroco della Parrocchia S. Giorgio, don Totò Tundo.

Il gesto con il quale Gesù offre ai discepoli il pane e il vino, segni sacramentali del suo corpo e del suo sangue, sono celebrati, spesso, in modo intimistico, o solo “con tanta devozione” da parte di non pochi cristiani.

Altre volte, quel momento della messa è considerato ripetitivo e, per questo, “meno interessante” della proclamazione del vangelo il quale, almeno, ogni tanto è diverso.

Al contrario, il pane spezzato nell’ultima cena deve diventare un’icona e il suo significato stile di vita del cristiano, il quale, nella carità, dovrebbe imparare a donare senza riserve e a servire senza pregiudizio, in un clima di convivialità e condivisione tale da far gustare la profondità e la gioia dell’incontro e della comunione con i fratelli, in Cristo. Sulla stessa lunghezza d’onda, dovremmo imparare a leggere il “fate questo in memoria di me” non solo nel senso di “continuate a celebrare la S. Messa”, ma anche, in parallelo con quanto afferma Gesù dopo la lavanda dei piedi, “anche voi, perché miei discepoli, ‘spezzate il vostro corpo, la vostra vita’, donatevi reciprocamente gli uni agli altri”.

Dobbiamo ritenere provvidenziale la concomitanza della festa del Corpus Domini con quella di S. Sebastiano, perché, se da un lato ci costringe a dilazionare la festa patronale, d’altro canto, però, ci dà l’opportunità di cogliere, nell’esperienza di vita del nostro santo martire, un aspetto che dovremmo avere il coraggio di fare nostro.

Infatti, a Cristo che offre il suo corpo al Padre, in sacrificio di soave odore, e nell’ultima cena si dona ai discepoli nel segno del pane, fa eco la testimonianza di fede del nostro Santo protettore che non ha paura di esporre il suo corpo al martirio, né di versare il suo sangue, in continuità con il sangue versato da Gesù nella sua passione, per la nostra salvezza. E anche noi, dovremmo riscoprire questa “dimensione seria” e coinvolgente della nostra fede per capire che la carità cristiana deve essere totale, profonda, gratuita; non possiamo sciorinare il nostro battesimo e poi continuare ad essere soltanto spettatori delle “sacre rappresentazioni” che “vanno in scena” in Chiesa, per strada, o, peggio, in TV.

Guardando al nostro patrono, sentiamoci calorosamente invitati a vivere da protagonisti lo spirito del giovedì santo e le dimensioni più pregnanti della vita cristiana.

Stretti intorno all’eucaristia, impegniamoci ad essere “corpo di Cristo”, che non si stanca di camminare sulle strade degli uomini anche se contorte, sterrate o in salita. Porgiamo la mano al fratello che con noi condivide la via, senza indagare se le mete, o gli orizzonti coincidono. Offriamo a lui un boccone di pane, di tempo o di attenzione, nella consapevolezza che, molto o poco che sia, è pur sempre “pane del pellegrino”, secco magari, ma altrettanto necessario per non soccombere. Diciamogli una parola buona, che riscaldi il suo cuore, che rinvigorisca la speranza, che curi le ferite o che alimenti il suo sorriso e il canto.

Non lasciamoci spaventare dalla croce, o dalle frecce; perché né l’una né l’altra sono definitive nella prospettiva cristiana della vita. Certamente tante esperienze ci lacerano la mente e il corpo; spesso ci ritroviamo con le mani vuote, a denti stretti, caricati di una croce che inchioda anima e cuore. Non desistiamo, teniamo duro, ancora qualche passo, … appena dietro l’angolo, di là della collina, già s’intravedono le prime luci dell’alba.

Specialmente, non stanchiamoci di essere testimoni di gioia! Oggi sono così tanti i motivi di tristezza, di paura, d’incertezza che certamente nessuno ci biasimerà se ci lasceremo cadere le braccia. Ma noi, in forza della risurrezione di Cristo, coltiviamo una speranza che abbiamo il dovere di condividere con chi non ha lavoro, vigore, o famiglia. A noi il Risorto ha donato lo Spirito che ci spinge a vivere l’entusiasmo della carità.

E noi facciamo festa, perché abbiamo riposto la nostra fiducia non nelle anguste prospettive degli uomini, ma nella grandezza di un Dio che si fa nostro commensale e compagno di viaggio; che si dona e c’insegna a donarci, che ci fa sperare anche di fronte alla morte, che squarcia le nubi, rallegra le nostre giornate e c’illumina il volto.

Sac. Totò Tundo

 

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